La storia dell’Albero di Natale trova le sue origini nel significato del solstizio d’inverno.
I popoli germanici e scandinavi festeggiavano il passaggio dall’autunno all’inverno accendendo grandi fuochi, per dare simbolicamente forza al Sole che doveva rinascere e riportare calore sulla Terra.
Di cosa si parliamo qui?
La scelta cadde sull’abete in quanto rappresenta un simbolo fallico, associato alla fertilità e all’abbondanza. Si pensava fosse protetto dalle divinità maschili e fosse portatore di vitalità e salute.
L’abete è un albero sempreverde, associato all’immortalità, portava speranza nel cuore degli uomini che si accingevano ad affrontare il grande inverno. L’arrivo della stagione più fredda e buia significava per molti solo due cose: fame e morte.
L’albero sempreverde incarna la persistenza della vita attraverso il gelo e l’oscurità invernale.
Per esorcizzare le paura e scaldarsi durante la notte del solstizio veniva scelto un grande abete e bruciato, intorno al falò si faceva gran festa fino al sorgere del Sole.
Con il fuoco dell’abete si bruciavano anche le negatività del passato e ci si lasciava alle spalle l’anno che giungeva al termine.
Addobbare l’Albero di Natale, accendendolo con mille luccichii e riflessi va a risvegliare il rituale del grande falò.
La prima ad avere l’idea fu la regina Margherita nel 1800. La moglie di Re Umberto I fece allestire il primo albero di Natale in un salone del Quirinale, dove la famiglia abitava.
La novità piacque talmente tanto ai sudditi che in breve tempo si diffuse in tutte le famiglie italiane.
La storia dell’Albero di Natale affonda le sue radici nella leggenda che narra di un bambino che si smarrì nel bosco la Vigilia di Natale. Andato a far legna per aiutare la madre in cucina, fu sorpreso da una fitta nevicata che coprì il sentiero e le sue orme.
Disorientato e infreddolito si riparò sotto i rami di un grande abete e finì per addormentarsi.
L’abete per proteggerlo dal freddo pungente si piegò fino a racchiudere il bambino tra i suoi rami.
La mattina seguente il padre e i fratelli lo trovano che dormiva beato e incolume sotto il grande abete.
Era l’alba e i cristalli sui rami dell’abete luccicavano ai raggi del Sole.
Da quel giorno, per onorare e ricordare il miracolo avvenuto, la famiglia iniziò a decorare l’albero di Natale.
La pianta del solstizio d’inverno è il vischio, questo arbusto è l’emblema della vita visto che le sue bacche bianche e traslucide ricordano lo sperma maschile.
Il vischio era sacro ai druidi perché considerato una pianta magica.
Magica perché pur essendo senza radici riusciva a vivere sopra un’altra specie.
Gli antichi Celti lo consideravano un dono delle divinità, capace di scendere sulla terra con un fulmine e attecchire su un altro albero.
Il vischio poteva esser raccolto soltanto da un sommo sacerdote che, usando un falcetto d’oro lo metteva in un catino d’oro riempito d’acqua. Quest’acqua veniva poi usata per curare e prevenire ogni malattia.
Le leggende che conferiscono al vischio la nomea di pianta guaritrice di ogni male sono narrate anche in Giappone e in alcune popolazioni africane.
Altra pianta sacra al popolo celtico era la Quercia, te ne parliamo qui.
La natura del vischio, la sua discesa dal cielo e la capacità di compiere miracoli non possono che ricollegarci al mito di Gesù.
Così come il vischio è ospite di un albero, Cristo è ospite dell’umanità, è disceso dal cielo ed è in grado di curare ogni male.
Ma il rapporto del vischio con la cristianità non è stato sempre roseo, nel Medioevo ne fu persino proibito l’utilizzo.
Si diffuse la diceria che dopo la condanna di Gesù tutti gli alberi si spezzarono per non fornire il legno adatto a costruire la croce. Tutti tranne uno, il vischio. Ed è proprio del suo legno che fu costruita la croce.
L’usanza affonda le sue radici in un tempo lontano quando le popolazioni nordiche lo usavano durante le cerimonie nuziali per donare alla coppia salute e prosperità.
Verso la metà dell’800 fu ripresa la tradizione di baciarsi sotto il vischio per simboleggiare l’amore romantico e la buona sorte.
Fu anche reintrodotto il vischio nelle chiese a rappresentare l’amore universale e l’amore verso il prossimo.
Sembra che l’eterno amore debba essere suggellato esclusivamente sotto un rametto di vischio. Il motivo è molto semplice.
Provate a staccare un rametto di vischio dall’albero che lo ospita, è praticamente impossibile a mano libera!
E’ per questo motivo che veniva usato un falcetto per raccoglierlo. L’adesione al suo supporto è così forte e tenace che ne ha fatto il simbolo di ciò che non può essere separato, nemmeno con la forza.
Ecco l’augurio che tutti gli innamorati si fanno baciandosi sotto questa magica pianta, che il loro amore possa vivere per sempre.
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