Che rapporto hai con gli allevamenti di pesce? Magari non ci hai mai pensato.
Abbiamo molte difficoltà a provare empatia per i pesci perché sono diversi da noi: non hanno una “faccia” che possa assumere espressioni che riusciamo a interpretare, non emettono suoni che riusciamo a percepire, hanno un linguaggio corporeo per noi non famigliare, vivono in un elemento diverso dal nostro e hanno dei sensi che noi non abbiamo.
Inoltre, oltre a pensare che non provino dolore né emozioni, siamo indotti a credere che il pesce sia un alimento fondamentale per la nostra salute.
E’ il momento di cambiare la percezione che abbiamo dei pesci.
Di cosa si parliamo qui?
Viene spesso consigliano di mangiare pesce per il loro contenuto di acidi grassi omega3 che aiuterebbe nella prevenzione di malattie cardiovascolari.
Vari studi indicano che i benefici apportati mangiando pesce vengono annullati dall’aumentato rischio di incorrere in queste stesse patologie dovute agli altri componenti del pesce.
Tutti i prodotti animali, incluso il pesce, apportano colesterolo e acidi grassi saturi (i cosiddetti grassi cattivi), fattori che contribuiscono ad aumentare il colesterolo nel sangue e l’infiammazione e con il tempo portano a sviluppare ictus e problemi cardiaci.
I gamberi e gli altri crostacei hanno quasi il doppio del colesterolo del manzo.
Il grasso del pesce fa ingrassare esattamente come il grasso del pollo o del maiale.
Non è stato dimostrato neppure nessuna evidenza di benefici dell’olio di pesce sullo sviluppo neurologico, sul cancro, sulla demenza, sulla sclerosi multipla o il diabete, sulle malattie autoimmuni e sull’asma.
Non tutti i tipi di pesce sono ricchi di omega3 ed i pesci più venduti sul mercato sono quelli a più basso contenuto di omega3, presentando solo caratteristiche pro-infiammatorie dannose per la salute.
Inoltre, non dimentichiamoci le sostanze chimiche nocive che i prodotti ittici contengono.
Il pesce è la principale fonte di
Per i pesci d’allevamento i livelli di PCB e diossina sono ancora più alti di quelli rilevati nei pesci selvatici.
Il Food and Drug Administration e l’Agenzia per la Protezione Ambientale degli USA hanno avvertito che le donne incinte, le donne in allattamento e i bambini dovrebbero limitare il proprio consumo di pesce grasso.
Perchè?
Perché contenendo mercurio può causare malformazioni nei neonati, danni renali, sviluppo mentale ridotto e anche il cancro.
L’unica scelta salutare, etica e sostenibile è ricavare gli omega3 da fonti vegetali:
Inoltre se assumi un integratore di omega3 chiedi sempre se è di origine algale o ittica.
C’è sempre un’alternativa altrettanto valida da poter scegliere.
I pesci ottengono gli acidi grassi cibandosi di alghe, quindi perché non andare direttamente alla fonte, lasciando vivere l’intermediario?
Esistono svariati tipi di integratori di omega3 a derivazione algale ma ne cito solo due per farti capire che scegliere un’integrazione sostenibile è possibile.
Ogni anno vengono prelevati dagli oceani tra le 90 e le 100 milioni di tonnellate di pesce.
Il numero dei pesci negli oceani è in diminuzione continua e la situazione potrebbe collassare.
Gli oceani NON sono una riserva di pesce inesauribile.
Entro il 2048 se si continuerà con questo trend potrebbero non esserci più tutte le specie marine che conosciamo.
Senza pesci negli oceani anche la vita sulla terra NON può esistere.
Il consumo di pesce NON è sostenibile.
La domanda di pesce dei paesi più ricchi sommata a quella dei paesi in via di sviluppo non può essere più soddisfatta.
Il pescato raccolto viene diretto verso i paesi ricchi aumentando l’insicurezza alimentari dei paesi più poveri.
Attualmente tutte le “zone di pesca” del mondo sono state devastate dalla pesca selvaggia ed è irresponsabile consigliare alle persone di mangiare ancora più pesce.
Le flotte dei pescherecci sono potenti e numerose grazie ai vari sussidi che molti Paesi pagano ai pescatori.
La pesca commerciale rappresenta un grande rischio per la biodiversità ed è responsabile del “disboscamento sottomarino”.
Responsabile dell’estinzione del 70% delle specie marine mondiali la pesca intensiva provoca gravi danni anche alle altre specie animali.
Le reti, estese per chilometri, provocano un enorme quantità di pesca accessoria. Si stima che ogni anno più di 30 milioni di tonnellate di animali marini, inclusi uccelli, tartarughe, delfini e pesci non richiesti, vengono ributtati in acqua morti o agonizzanti.
Un tipo di rete è quella ad aggiramento, che viene issata e chiusa come un sacco.
La caccia al tonno con questo tipo di reti, ad esempio, ha sollevato l’opinione pubblica in difesa dei delfini intrappolati assieme ai tonni che nuotavano sotto di loro.
I pescherecci trainano enormi reti nell’acqua, costringendo tutti i pesci sulla loro strada ad ammassarsi verso le estremità chiuse.
Per ore, i pesci sono strizzati e scossi, assieme a rocce rinchiuse nella rete e a detriti oceanici.
Quando vengono issati dalle profondità marine, i pesci subiscono una dolorosa decompressione.
L’elevata pressione interna, spesso, rompe la vescica natatoria causando la fuoriuscita dei bulbi oculari e spingendo l’esofago e lo stomaco fuori dalla bocca.
Mentre gli oceani si stanno svuotando l’acquacoltura non è un’alternativa sostenibile.
Gli allevamenti di pesce intensivi hanno le stesse logiche degli allevamenti di polli, mucche e maiali e NON esistono leggi europee precise a tutela di questi animali, spesso considerati ultimi tra gli ultimi.
Gli allevamenti di pesce più diffusi sono quelli di salmoni, trote, spigole, merluzzi, anguille.
Pesci che in natura nuoterebbero per chilometri ogni giorno e vivrebbero per decenni (alcuni anche fino a 100 anni).
Esistono diversi tipi di gabbie, sia in terra che in mare dove gli animali vivono in condizioni di sovraffollamento (fino a 300 mila pesci per gabbia) per raggiungere il peso ideale ed essere uccisi.
I pesci nuotano in cerchio e spesso le vasche sono infestate da parassiti che causano lacerazioni e ferite.
Un pesce su cinque muore prima di essere macellato.
Una volta che arrivano al peso per la macellazione i pesci vengono pescati in grosse reti, dove per tentare di fuggire si dimenano e si feriscono. Quelli che rimangono sul fondo sono schiacciati dal peso dei loro simili.
I mangimi dati al pesce di allevamento allevati contiene farina e olio di pesce proveniente da stock selvatici.
Servono dai 2.5 ai 5 kg di pesce pescato per “produrre” 1 kg di pesce allevato!
Gli allevamenti di pesce rilasciano nell’ambiente varie sostanze inquinanti, come mangimi, antibiotici, pesticidi, farmaci, insetticidi (sostanze che poi noi mangiamo).
La diffusione di queste sostanze causa disastri ambientali e contribuisce a creare ceppi di batteri resistenti agli antibiotici.
Per controllare i disturbi, la crescita accelerata e i comportamenti riproduttivi modificati agli animali vengono somministrati ormoni, antibiotici, pesticidi e alcuni di loro sono geneticamente modificati.
La Grecia è il maggior produttore europeo (100 tonnellate) di orate e di branzini e da loro provengono la metà delle orate e dei branzini venduti in Italia.
La Grecia scarica in mare 9 tonnellate di azoto, insieme ad altre sostanze come il fosforo.
In Italia dal 2014 al 2020 sono stati assegnati 173 milioni di euro per gli allevamenti di pesce, tra fondi europei, nazionali e locali, mettendo in cantiere un aumento della produzione di pesce allevato di 158 mila tonnellate.
L’Europa dal 2001 ha stanziato per gli allevamenti di pesce 2,89 miliardi di euro.
Sempre l’Europa ha pianificato per il 2021-2027 un nuovo round di finanziamenti per lo sviluppo dell’acquacoltura.
I tuoi soldi finanziano l’inquinamento dei mari e le torture su altri esseri viventi.
Dato che non si sentono le loro urla di dolore, i pesci vengono uccisi in modo particolarmente cruento.
I vari metodi che vengono utilizzati per ucciderli negli allevamenti di pesce:
In altri casi gli animali vengono uccisi semplicemente prosciugando l’acqua dalla vasca, andando incontro ad un lento soffocamento.
Queste pratiche altamente dolorose sono state condannate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità animale (OIE) e dalla Commissione europea.
I pesci, ebbene si, hanno un cervello.
Provano emozioni come tutti gli altri animali, accudiscono la prole con affetto e devozione, sono curiosi, anche verso gli esseri umani, quando non li percepiscono come una minaccia, osservano, si avvicinano.
I pesci hanno vibrisse sulla schiena che registrano vibrazioni e campi elettrici, ed hanno papille gustative nella gola, così come nel naso e nelle labbra.
Usano la bocca più o meno come noi usiamo le dita
Hanno una lunga memoria, ricordano luoghi e fatti.
Possono sviluppare mappe mentali degli ambienti che li circondano per permetterli di memorizzare e superare i cambiamenti nel loro ambiente.
Il polpo è particolarmente intelligente e riesce a compiere anche attività molto elaborate.
Le aragoste hanno una aspettativa di vita superiore a quella umana, sono dotate sulle antenne di oltre 400 tipi di recettori chimici che permettono di identificare il sesso, la specie e persino l’umore di un altro animale, (non sottolineo come vengono uccise le aragoste).
Queste creature incredibili sono esseri senzienti.
Considerati poco intelligenti o incapaci di emozioni e per questo vittime di torture atroci e condannate a subire terribili sofferenze.
I pesci sono provvisti di un certo numero di recettori del dolore in varie parti del corpo ed emettono neurotrasmettitori che agiscono come analgesici proprio come le endorfine negli esseri umani.
Gli animali marini sperimentano una reazione post traumatica al dolore e trasformano il dolore in paura proprio come facciamo noi.
Di fatto, la bocca dei pesci è così sensibile agli stimoli che il dolore che provano è particolarmente acuto.
Si è aperto, per questo motivo, il dibattito sull’eticità della pesca sportiva perché è comunque una forma di crudeltà verso gli animali infilzare i pesci alla bocca per divertimento.
La pesca intensiva e gli allevamenti di pesce sono anche complici della dispersione della plastica nel mare.
Le reti da pesca costituiscono il 48% della plastica dispersa nei nostri oceani e altre attrezzature da pesca rappresentano la maggior parte della restante percentuale.
Dal Greenpeace report del 2019
Più di 640.000 tonnellate di reti, lenze, pentole e trappole utilizzate nella pesca commerciale vengono scaricate e gettate in mare ogni anno, lo stesso peso di 55.000 autobus a due piani.
Ognuno di noi può fare la differenza scegliendo di evitare il consumo di pesce.
Se non li hai ancora guardati consiglio i documentari:
In ogni cosa è salutare,
di tanto in tanto, mettere un punto interrogativo
a ciò che a lungo si era dato per scontato
B.Russel
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